Il processo di acquisto è omnichannel, gli acquisti online sono legati alla gratificazione istantanea, i clienti cercano sempre qualcosa di nuovo, … ma anche no. Almeno per quanto riguarda gli acquisti in ambito fashion, fast fashion, calzature, ci sono alcune credenze da sfatare.

Ho avuto l’opportunità di consultare diverse ricerche che hanno analizzato il processo di acquisto relativo ad abbigliamento e calzature1, ed emergono alcuni falsi miti ai quali, in molti, abbiamo creduto per anni, vediamoli.

Le persone cercano sempre qualcosa di nuovo

In realtà, molto spesso, le persone sono felici di acquistare lo stesso prodotto/servizio, o comunque simile. Questo avviene con percentuali anche oltre l’80%, soprattutto per biancheria intima, abbigliamento di uso comune, e sportivo.

Molti business prosperano sugli acquisti ripetitivi dei clienti, in genere anche con buoni margini perché mancano i costi di acquisizione. Questo contribuisce a spiegare il proliferare di modalità di sottoscrizione per ordini automatici a cadenze periodiche, soprattutto negli e-commerce, che consentono di entrare in possesso di un bene eliminando le fasi di ricerca, ordine, pagamento. Siamo molto vicini al mondo della Zero Experience, dove talvolta la migliore esperienza è non avere esperienza; del resto, a chi piace spendere del tempo per andare a comprare dentifricio e carta igienica quando si può ricevere comodamente a casa?

Le modalità di ordine automatico non hanno ancora preso piede, forse anche per via di una certa diffidenza dovuta al non avere la situazione “sotto controllo”. Già Amazon molti anni fa provò con il  ‘Dash Button” senza troppo successo, almeno in Italia, ed oggi ha reso disponibile sul suo sito e-commerce la possibilità di programmare acquisti periodici automatici per molti prodotti (tipicamente beni di consumo-commodity).

Del resto devono ancora decollare anche gli ordini automatici di oggetti da parte di altri oggetti più o meno intelligenti, quali frigoriferi e macchinette del caffè, in attesa di dispositivi IoT dei quali ci fidiamo per creare una connessione con i nostri account, e con la carta di credito. Vero è, però, che già oggi una cappa aspirante per la cucina potrebbe facilmente segnalare le ore di funzionamento e quindi il momento di cambiare i filtri, e lo stesso potrebbe fare un sistema domestico per la produzione di acqua gassata, ed in generale qualunque oggetto che deteriori componenti sostituibili in maniera proporzionale al tempo di utilizzo.

Gli acquisti online sono dettati dalla gratificazione istantanea.

In realtà, in tempo trascorso nelle customer journey digitali è maggiore di quello trascorso nei punti fisici, e conta anche un maggior numero di touch points. Questo è dovuto all’abbondanza, di informazioni facilmente reperibili online, che si tratti di caratteristiche funzionali o recensioni. Pertanto, quando si effettua un acquisto online, spesso si è già trascorso del tempo su siti diversi, in quasi il 60% dei casi.

Ad essere più lunghe sono soprattutto le fasi legate alla ricerca di informazioni e di confronto. Con  una certa frequenza, poi, si abbandona il sito dal quale si era inizialmente deciso di acquistare per via delle condizioni di consegna, reso, pagamento etc .. ossia per via di aspetti legati agli ultimi step del processo. Pertanto un acquisto d’impulso è spesso ancora molto legato al retail fisico, dove il poter vedere e toccare con mano ciò che si compra induce una sensazione di controllo che offre maggiori “garanzie”.

Il nome del rivenditore non conta

In realtà, per brand di una certa notorietà, il luogo preferito di acquisto è lo store monomarca del brand piuttosto che quello di un multibrand. Questo spiega gli investimenti degli ultimi anni per il D2C, Direct to Market, infatti mantenere il più possibile i clienti sui propri canali proprietari significa migliori margini in fase di vendita, e miglior controllo anche per attività nel pieno interesse del cliente, come nel caso dell’assistenza post vendita.

Per potenziare la vendita diretta, ed il presidio, dei canali digitali, gli e-commerce devono diventare sempre più dei luoghi di relazione, coerentemente con l’attuale interesse per il Conversational Marketing, anche perché se si vogliono clienti più fedeli è meglio creare delle community piuttosto che offrire sconti e promozioni.

Il canale di vendita non è rilevante

In realtà, con gli acquisti online si tende a spendere di più, e se prima si è visitato uno store fisico questo fenomeno è ancora più accentuato. Le spiegazioni a questo fenomeno possono essere molteplici, ad esempio: nell’online c’è un inventario più ampio con la possibilità di “opzioni aggiuntive”; spesso si visita uno store fisico quando si sta valutando un acquisto importante e tendenzialmente dal costo più elevato; online c’è spesso una soglia minima di spesa per usufruire della spedizione gratuita.

Questo fenomeno può amplificarsi inducendo acquisti presso i canali digitali proprietari (Direct to Customer), anche cogliendo l’opportunità di realizzare mancate vendite negli store fisici, ad esempio per mancata disponibilità dell’esatto prodotto cercato nello store.

Lo shopping è diventato Omnichannel

In realtà, guardando l’intero processo d’acquisto, nella maggior parte dei casi si utilizza una sola tipologia di canale. Quindi che si consultino molteplici siti online, o si visitino vari negozi fisici, sembrerebbe quasi che ciascun acquisto sia governato da un canale.

E’ innegabile che tra gli effetti dell’emergenza sanitaria c’è stata la crescita generalizzata del ricorso ai canali digitali ma, ricordiamolo, i canali offline sono ancora, nel complesso, i dominatori. Del resto, per l’acquisto di beni che si gradisca toccare, vedere, misurare, il canale fisico offre ancora delle esperienze che il digitale ha difficoltà ad offrire.

Come già visto nell’articolo “ll ruolo dell’esperienza nella rinascita del retail” , il retail tradizionale non può competere con un e-commerce su assortimento, rapidità e prezzo, invece può e deve sfruttare la tecnologia per competere su ciò che l’e-commerce ed altri canali hanno più difficoltà ad offrire, assistenza personalizzata, consigli, empatia, fiducia, servizio post-vendita, e l’unicità che solo il mondo fisico e le persone riescono ad esprimere.

Così come l’e-commerce è un non-luogo al quale si chiede rapidità, il negozio fisico è un luogo nel quale intrattenersi e trascorrere del tempo.

Ti ringrazio del tempo che mi hai dedicato, se vuoi scriviamoci .

A presto
Gian Carlo Mocci
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(1) 5 Surprising Findings About How People Actually Buy Clothes and Shoes | Harvard Business Review