Tutti diventano creator, le community diventano tribù, e impazzano i deinfluencer. Questi fenomeni sono tutte facce della stessa medaglia. Vediamole insieme.

I contenuti generalisti sono poco apprezzati anche perché, vista la loro abbondanza, sono spesso di qualità scadente. Le persone vanno alla ricerca di nicchie, contenuti, e community ad alto valore; ed anche per questo aumenta il ricorso a canali più settoriali che favoriscono l’aggregazione in tribù sulla base di interessi e valori condivisi. Il bisogno è quello di abbracciare la serendipity, tramite esperienze dirette, efficaci, credibili e meno prevedibili.

Sempre più spesso il nostro problema non è quello di riuscire a vivere esperienze, ma di sapere scegliere quali esperienze vivere.

In questo contesto si configurano come generalisti anche molti degli influencer più noti, del resto quanto è credibile che qualcuno utilizzi veramente ogni settimana, se non ogni giorno, una diversa marca di cosmetici, di caffè, di scarpe sportive, e di borse? E’ evidente, anche se facciamo finta di non saperlo, che l’attività di molti influencer è di fatto pubblicità, al contrario di quanto avviene per i brand ambassador, che parlano bene di un brand anche senza che vengano pagati per farlo.

L’influencer parla bene di te perché lo hai pagato, l’ambassador parla bene di te perché lo hai conquistato.

Ed ecco che arrivano gli influencer che parlano male di te, i deinfluencer appunto. In una crescente domanda di credibilità ed autenticità le persone non riescono più a sentirsi vicine a chi accetta qualunque collaborazione, oggi per parlare bene di un brand ed il giorno dopo di un altro, magari in concorrenza con quello del giorno prima. I deinfluencer sono persone che trovano e propongono alternative valide ai prodotti dei brand, e talvolta migliori. Lo spirito della loro iniziativa è lodevole, ma rimane da capire come questi riescano a monetizzare la loro attività; un modo scevro da conflitti di interesse sarebbe quello di farsi pagare dagli utilizzatori finali dei prodotti alternativi proposti, ma non è semplice da attuare.

Poiché un influencer “pubblicitario” mette poco del suo in termini di conoscenza su quanto loda, ecco che si parla sempre più spesso di creator, persone che sono in grado di creare ed aggiungere valore alla loro attività di promozione di un certo prodotto/brand. In quest’ottica è importante conoscere queste 5 categorie di influencer:

  1. Activist: hanno un forte legame con il loro seguito, curano gli aspetti etici e morali, il loro stile di vita è coerente con i loro valori, e quindi meno esposti ad essere coinvolti in qualche scandalo;
  2. Micro: parlano a meno persone, ma con le quali hanno un rapporto più diretto e personale. Godono generalmente di molta autorevolezza, e non sempre sono cantanti, attori, modelli; quanto invece medici, giornalisti, tecnici, atleti;
  3. Monogamous: sono talvolta loro a scegliere i brand con i quali avviare una collaborazione, quasi sempre di lunga durata.
  4. Private: uno slogan associato al cambio nome di Facebook in Meta fu: “il futuro sarà privato”. Questo anche in riferimento alle possibilità offerte dal metaverso di creare community e luoghi riservati;
  5. Curator: mettono a disposizione il frutto del loro lavoro, dei loro studi, delle loro esperienze. Valorizzano elementi che altri trascurano, rallentano mentre gli altri corrono, ad indicarci come fare le stesse cose in modo nuovo e non solo a fare cose nuove.

Dopotutto, chi si esibisce in un teatro si rivolge in maniera privata al pubblico in sala (private); se un personal shopper ci aiuta ad entrare in possesso di oggetti allora un curatore ci aiuta ad avere nuovi punti di vista, ad approfondire temi specifici, a nutrire le nostre esperienze (curator); molti personaggi hanno pubblicizzato uno specifico prodotto per tanti anni di seguito (monogamous); alcuni avvocati hanno un interessante seguito sui social nel divulgare tematiche giuridiche, e per altri docenti di fisica, matematica, storia, il discorso è simile (micro). Per approfondire questo tema ti invito a leggere l’articolo “L’influencer marketing che dovresti conoscere“.

Il contesto è tale per cui la figura dell’influencer pubblicitario e generalista, per come lo conosciamo oggi, sta subendo una metamorfosi che, partendo da un surrogato, conduca ad un sostituto, poi ad una alternativa, ed infine ad una valida alternativa. Si tratta pertanto della metamorfosi associata ad un processo di selezione che sarà molto interessante seguire.

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A presto
Gian Carlo Mocci