Per fronteggiare la situazione generata dal Coronavirus le aziende devono agire per garantire la sopravvivenza aziendale con la lucidità e la lungimiranza di guardare anche al futuro. Perché questo è il momento di vendere e di sapersi vendere, non di incassare.

E’ il momento di ragionare

Ragionare per agire con intelligenza in questo particolare periodo storico significa anche trovare il giusto equilibrio tra le azioni tattiche e quelle strategiche.

Stiamo tornando all’epoca della qualità perché siamo invasi da prodotti scadenti, informazioni false, relazioni superficiali. Qualità intesa come capacità del prodotto/servizio di svolgere il ruolo per il quale è stato acquistato, ma anche qualità nelle relazioni. L’emergenza che stiamo vivendo ci indurrà ad essere più selettivi attribuendo i giusti pesi ai vari elementi del nostro vivere e del nostro essere. Essere persone, amici, genitori, figli, professionisti, manager, clienti.

Quanto più ripongo fiducia in un brand o in un professionista per la bontà del suo operato, per la capacità di stare al mio fianco, per la qualità dei suoi prodotti/servizi, tanto meno mi rivolgerò ad esso in maniera opportunistica, magari per valutare la sola componente prezzo.

E’ il momento di decidere

Quando è necessario prendere decisioni rapide, e di grande responsabilità, ciò che invece vorremo fare è non decidere, temporeggiare, comprare tempo, e aspettare.
Aspettare che la situazione si chiarisca, aspettare di vedere cosa fanno gli altri, aspettare di avere più informazioni per decidere meglio. Ma in questi casi, spesso, il meglio è nemico del bene.

Il Coronavirus ci ha mostrato intere nazioni che hanno temporeggiato, nonostante gli avvenimenti in Cina ed in Italia fossero noti. Certo gli interessi in gioco sono enormi, le crisi spaventano e fanno paura, e la paura paralizza. Ciascuno ha paura di sbagliare e spesso pur di non rischiare si rischia di più, come recitava una delle slide di un mio corso sul Risk Management.

Un esempio è quello delle mascherine introvabili, eppure il tempo per aumentare le scorte c’è stato, e non parlo solo dell’Italia che anzi è stata la prima nazione occidentale a dover affrontare il virus in una battaglia corpo a corpo. Per analogia mi chiedo se alla ripresa saranno introvabili anche i lettori della temperatura corporea a infrarossi. Oggi si trovano ancora eppure, se ne fosse provata la vera utilità, potrebbero essere il prossimo oggetto del desiderio per chi dovrà regolamentare accessi a negozi, mezzi di trasporto, hotel, musei, aeroporti, e in generale qualunque luogo frequentato da più persone.

Aspettare la ripresa come se fosse l’ora X di un giorno Y di un mese Z non è corretto, dobbiamo decidere adesso, prima che l’emergenza sia finita, altrimenti perderemo una grande opportunità. La ripresa sarà graduale e favorirà i brand che godono di tanta stima e ammirazione, la ripresa favorirà i brand che saranno riusciti a farsi ricordare.

E se siamo avviluppati nei nostri problemi, non abbiamo la lucidità e la liquidità per agire adesso, pensiamo a come farci ricordare appena finisce l’emergenza. Ad esempio donando un parte degli incassi dei primi mesi, anche solo 1 euro per ogni articolo, o soggiorno in hotel, o biglietto d’aereo venduto.
Pensando magari che se tu hai ripreso le attività altri devono ancora aspettare.

E’ il momento di agire

Spesso per gestire le crisi è importante prepararsi al peggio e agire in fretta, perché anche agire in maniera non ottimale è quasi sempre meglio dell’immobilismo.

Però in questi contesti è complicato prendere decisioni anche apparentemente semplici. Ad esempio in molti si chiedono: dovrei offrire i mie servizi gratis o superscontati? Ma questa non è una domanda, perché la risposta può essere solo una: dipende!

Ho visto tornare il tasso 0% con pagamento dilazionato per oltre 80 mesi; ho visto sconti offerti un tanto al chilo, che cambiavano dalla sera al mattino in funzione di quanti chili, pardon sconti, offrissero i concorrenti. Penso non sia il momento per vendere o svendere come si faceva prima dell’emergenza, semplicemente perché dobbiamo ragionare su come fare business in questo nuovo mondo.

Ho notato anche diverse iniziative in stile “bond”, ad esempio i birra-bond, “lanciati dal colosso belga AB InBev, proprietario nel mondo di oltre 500 marchi da Bud a Corona, da Beck’s a Leffe. E funzionano così: attraverso la piattaforma informatica Salvailtuobar.it i clienti possono anticipare al proprio locale di fiducia il prezzo di una birra (o anche di più) oggi, con l’obiettivo di riscuotere la consumazione domani. A ciascuna donazione, AB InBev aggiungerà il 30% in più, permettendo così al bar di sostenere il costo della birra che si impegna a servire e permettendogli di avere un incasso anche in queste settimane di lockdown per il coronavirus. L’importo complessivo sarà versato direttamente alle aziende entro 3 settimane, generando così il tanto necessario sostegno finanziario durante il periodo di chiusura.” (1)

Altro esempio sono i travel-bond, erogati da catene alberghiere e società di trasporto, con i quali le persone acquistano dei crediti con la maggiorazione di un tasso di interesse, ad esempio il 25%. Quindi comprando oggi un bond da 100 euro si ottiene un valore di 125 euro da spendere ad emergenza finita per pagare i servizi erogati dalle aziende emittenti.

Personalmente ritengo queste iniziative interessanti ma penso sia molto importante la modalità con la quale vengono presentate. Se nel caso della birra è stato chiarito che lo scopo è quello di supportare i bar in difficoltà, in altre iniziative è stato evidenziato principalmente l’elemento promozionale, al pari di uno sconto. Se vogliamo comunicare in maniera trasparente dobbiamo ricordare che lo scopo dei bond è quello di fornire liquidità all’emittente. Questo dovrebbe essere espresso in maniera sincera; emetto i bond perché sto attraversando un momento difficile e la liquidità che mi offrite oggi mi consente di combattere al vostro fianco, così quando torniamo alla normalità potrai beneficiare dei miei servizi risparmiando il 25%.

I bond possono essere rivolti a nuovi clienti potenziali, in ottica sia di lead generation che di brand awareness, ma anche ai clienti storici iscritti ai programma fedeltà o alle newsletter. Naturalmente il cliente storico potrà facilmente verificare se, ad emergenza finita, i prezzi siano rimasti coerenti con quelli del passato od abbiano piuttosto subito dei rialzi, magari per compensare l’interesse offerto con i bond. Inutile dire che un tale comportamento avrebbe conseguenze devastanti. Ecco, garantire che i prezzi rimarranno invariati anche dopo l’emergenza è un altro elemento per ottenere fiducia.

Dobbiamo ragionare come clienti in difficoltà, non come venditori in difficoltà.

E’ il momento delle esperienze

In questo periodo ci siamo dovuti convertire a relazioni virtuali, acquisti online e consegne a domicilio. Ci mancano le esperienze fisiche, i luoghi da visitare e le persone da frequentare. In realtà ora più che mai la differenza la fanno le persone, quelle che non possiamo incontrare, che non camminano al nostro fianco, che non stanno di fronte a noi per parlarci, consigliarci, ascoltarci.

Paradossalmente è anche apparso chiaro che molti business digitali vivono di luce riflessa. Gli e-commerce che vendono prodotti hanno bisogno dei prodotti, dei magazzinieri, e dei corrieri; i siti di prenotazione di vacanze e viaggi hanno bisogno degli hotel, dei villaggi vacanza, e dei mezzi di trasporto. Anche i business spiccatamente digitali, gaming, social media, piattaforme di streaming, hanno in realtà bisogno delle persone, le persone che rimangano incollate agli schermi.

Sin’ora il mondo fisico ha pagato le commissioni a quello digitale che funge da abilitatore, da gate, o da starter; chissà se in futuro prenderà invece piede una logica diversa, una logica nella quale sarà il mondo fisico a chiedere commissioni a quello digitale.

Pensate se in questo periodo di quarantene ci fossero una serie di ristoranti, musei, parchi giochi e librerie aperti e fruibili in piena sicurezza. Poiché questi luoghi sarebbero unici, aperti mentre tutti gli altri sono chiusi, le richieste sarebbero talmente tante che se ci fossero dei siti web ed app per le prenotazioni sarebbero loro a cedere parte dei diritti di prenotazione per poter lavorare.

Essere unici porta al successo

Poiché le esperienze sono personali significa che sono uniche per definizione, quindi vendere esperienze ci rende unici e ci mette in una posizione di forza, con un duplice vantaggio anche in termini di business: si ottiene un ricavo diretto dai clienti che pagano per viverle, e si possono generare ricavi aggiuntivi mentre le vivono.

Ma tutte le aziende, più o meno digitali che siano, combattono per ottenere le stesse cose, il nostro tempo, la nostra attenzione, i nostri soldi. Solo alcune combattono per avere la nostra stima e la nostra fiducia, perché hanno capito che ottenendole avranno anche tempo, attenzione, e soldi.

Il tempo è una risorsa scarsa, pur se distribuita in maniera democratica, 24 ore al giorno per tutti, giovani e anziani, ricchi e poveri, uomini e donne, tutti abbiamo a disposizione 24 ore di tempo. pertanto la differenza non è nel tempo del quale disponiamo, ma nel come lo spendiamo e nel valore che gli attribuiamo, perché il denaro che le persone sono disposte a pagare per vivere un’esperienza è direttamente proporzionale al valore che ne ricevono.

Questo significa che se prima ci si focalizzava sul come e sul dove i clienti spendevano, oggi è necessario porre attenzione al perché: perché una persona dovrebbe scegliere e pagare i prodotti, i servizi, e le esperienze offerte da un’azienda piuttosto che da un’altra.

Inoltre, se è vero che tutti i prodotti sono servizi e tutti i servizi sono esperienze allora le aziende che vogliano nutristi nell’economia delle esperienze devono offrire esperienze a persone che siano felici di spendere per immaginarle, viverle, e ricordarle.

PS. Questo che hai appena letto è il secondo di due articoli, “il primo è “Per le aziende questo è il momento di dare, e non di chiedere.”

A presto
Gian Carlo Mocci
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